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Erminio Macario

Maria Alberti

Erminio Macario è nato a Torino il 27 maggio del 1902, in una modesta soffitta di via Botero 1, ultimogenito di Albertina Berti e Giovanni Macario, dopo Ester, Maria e Felicina.

Trascorre l’infanzia nel popolare quartiere di Porta Palazzo. Il papà, decoratore, è costretto ad emigrare negli Stati Uniti dove, qualche anno dopo, muore. Per mantenere la famiglia, la mamma trova lavoro in una portineria, mentre le sorelle trovano impiego presso un negozio di tessuti.

Erminio frequenta le elementari presso l’Istituto Patacchioni, la stessa scuola in cui è ambientato il libro Cuore di Edmondo De Amicis.

Inizia a recitare fin da bambino, nella filodrammatica della scuola, anche se presto deve interrompere le sue recite per lavorare come garzone apprendista e aiutare economicamente la famiglia.

Nel 1913 si esibisce per la prima volta in pubblico recitando una piccola parte nel bozzetto Il sacrificio di un innocente. Il palcoscenico è quello dell’oratorio Don Bosco della Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice. Il risultato è talmente convincente che ben presto Erminio diventa l’attore principale della piccola filodrammatica. La madre, contenta di quelle frequentazioni che tolgono il bambino dalla strada, favorisce il suo ingresso in seminario ma, l’assenza di vocazione sacerdotale e il disinteresse per lo studio, si oppongono al percorso.

Conclusa la parentesi scolastica, intraprende diversi lavori come barbiere, fattorino, operaio in una fabbrica di torni, alla Fiat San Giorgio e poi alla Fiat Brevetti; nessun impiego dura più di qualche settimana, nel corso di un anno alla Fiat, cambia quasi tutti i reparti.

Nel 1920, entra in una compagnia di scavalcamontagne – termine con cui erano definite in piemontese le formazioni di paese che rappresentavano drammi e farse nelle piazze durante i giorni di fiera – ed affronta il suo primo pubblico, di passaggio o intervenuto occasionalmente, esordendo sul palco del paese di Belgioioso, in provincia di Pavia. In un contesto avventuroso e durissimo affronta ogni genere teatrale: il dramma popolare, l’opera in versi, la farsa. Vuole diventare un attore drammatico.

Nel 1924 incontra G. Mulasso, in arte il Cavalier Molasso, coreografo, ballerino e impresario alla ricerca di volti nuovi per lo spettacolo che intende allestire al Teatro Romano di Torino. L’esordio avviene con Sei solo stasera? seguito da Senza complimenti!

Conosce in quel periodo la coreografa Maria Giuliano, una diciassettenne che danza al Teatro Regio. L’amore è fulmineo e reciproco e nel 1926 si sposano. Il matrimonio ha una breve durata ma il sodalizio professionale dura oltre vent’anni.

Il “grande salto” che determina il suo destino nel teatro comico-musicale avviene nel 1925, quando la famosa soubrette Isa Bluette lo nota e lo scrittura nella sua compagnia come “comico grottesco” e “macchiettista imitatore”. Esordisce a Torino con la Valigia delle Indie di Ripp e Bel-Ami (pseudonimi di Luigi Miaglia e Anacleto Francini).

Inizia così una carriera di costanti e crescenti successi; il bagaglio acquisito è il patrimonio che in pochi anni lo porta ad essere uno dei più amati artisti a livello nazionale. Macario si rivela un versatile mattatore: sui palcoscenici interpreta oltre cinquanta spettacoli di varietà, riviste, commedie musicali e spettacoli di prosa. È considerato dai critici come il vero inventore del cinema comico italiano. Costruisce una comicità personale, fatta di una maschera clownesca le cui caratteristiche più appariscenti sono un ciuffo di capelli sulla fronte, gli occhi arrotondati e la camminata ciondolante. Utilizza spesso il dialetto piemontese per molte sue battute o caratterizzazioni. Intuisce che la presenza sulla scena di donne avvenenti e dalle lunghe gambe contribuisce al successo di uno spettacolo. Nascono così le “donnine” di Macario, fra le quali: Tina De Mola, Olga Villi, Isa Barzizza, le sorelle Nava (Pinuccia, Diana e Lisetta), Elena Giusti, Lily Granado, Marisa Maresca, Lauretta Masiero, Dorian Gray, Flora Lillo, Marisa Del Frate, Lucy D’Albert, Valeria Fabrizi, Sandra Mondaini e Lea Padovani. Più tardi lavorano con lui anche Rita Pavone e Margherita Fumero.

Nel 1927 in un Caffè di Milano incontra Totò che si esibisce in macchiette napoletane e lo sceglie come suo sostituto in Compagnia Maresca introducendolo nel mondo del varietà.

La collaborazione con Isa Bluette dura quattro anni. Nel 1929 firma la sua prima rivista come autore, Paese che vai, in collaborazione con Enrico M. Chiappo. Dello stesso anno è la sua prima avventura come impresario e comico. Al Salone Margherita di Roma va in scena La scoperta del mappamondo di Chiribiri e Macario.

Nel 1930 fonda la sua compagnia teatrale con la quale gira l’Italia fino al 1965, sede il Teatro Maffei di Torino, già rinomato Bal Tabarin. Il debutto avviene con Pelle di ricambio, nella quale Macario interpretra il personaggio Ripp. Seguono negli anni successivi: Mondo Allegro (1935), Follie d’America, Piroscafo Giallo, Carosello di donne, Tutte donne, Trenta donne e un cameriere. Chiuso il sipario e uscito il pubblico, l’attore si trasforma in critico spietato del suo e altrui lavoro; in quegli anni si afferma come grande scopritore di talenti, soprattutto femminili. Sempre vigile che i suoi lavori siano scevri da cadute nella volgarità; anche la satira di politica o costume, quando presente, è sempre discreta e controllata. Si garantisce così il costante favore di un pubblico di massa eterogeneo che può andare a teatro con la famiglia intera, bambini compresi, e con la garanzia di un divertimento assicurato e garbato.

Dal 1930 al 1934 fa parte della compagnia La Stabile al Teatro Rossini di Torino: importante esperienza che gli permette di condividere la scena con eccellenti professionisti della prosa. Nel 1934, al Cinema Teatro Reale di Milano, Petrolini lo esorta a togliersi il parrucchino e il naso finto, invitandolo a recitare con il suo volto che è già una maschera.

Nel 1938 incontra Wanda Osiris e insieme creano un binomio leggendario; il loro sodalizio dura fino al 1942. Per la Osiris inventa le famose “scale”. Nello stesso anno incontra per strada Giulia Dardanelli e se ne innamora.

Dopo il primo insuccesso di Aria di Paese del 1933, il Cinema riscopre Macario nel 1939: Imputato alzatevi! di Mario Mattioli è il 1° film comico italiano dell’epoca sonora. La maschera di Macario, disegnata da Boccasile, appare sulla copertina del periodico Il Dramma. Seguono i film: Lo vedi come sei? (1939), Non me lo dire (1940), Il Pirata sono io! (fra gli sceneggiatori Federico Fellini) del 1940, Il vagabondo (1941), La zia di Carlo (1942), Il fanciullo del West (1942) ed altri. Se non possiamo considerarli, probabilmente, capolavori del cinema, certamente sono titoli che andrebbero riscoperti, in cui ritrovare una certa atmosfera surreale e svagata che ne fa delle rarità nella cinematografia italiana coeva. Nel 1942 le avventure di Macarietto e Il Canguro, disegnate da Manca, appaiono sul Corrierino dei Piccoli.

Nel 1943 realizza la sua unica operetta, Il grillo al castello, con Olga Villi.
Nello stesso anno nasce il primogenito di Erminio Macario e Giulia Dardanelli: Alberto Macario.

Negli anni 1945-1950 le “donnine di Macario” sono ormai un mito. Gli spettacoli di Macario, grandi per sfarzo ed eleganza oltreché per la messa in scena hollywoodiana, scatenano una vera e propria “Macario follia”: per arginare la ressa ai botteghini devono ripetutamente intervenire le forze dell’ordine.
Alcuni titoli delle riviste a filo conduttore – più avanti definite “commedie musicali” – sono: Febbre azzurra, Moulin Rouge, Follie d’Amleto, Oklabama, La bisbetica sognata.

Nel cinema Macario volge lo sguardo ad un certo neorealismo comico-satirico. Come persi la guerra del 1947, diretto da Carlo Borghesio, è campione di incassi della stagione; premiato al Festival di Locarno, viene distribuito all’estero con grande successo. Sei mesi in cartellone a Parigi. Seguono – sempre con la direzione di BorghesioL’eroe della strada (1948) e Come scopersi l’America (1949); gli autori sono Metz e Marchesi, Mario Monicelli e Leo Benvenuti.

Nel 1947 muore l’amata mamma Albertina e nasce il secondogenito Mauro Macario, avuto sempre con la Dardanelli.

All’inizio degli anni ’50, Macario conquista Parigi con la rivista Votate per Venere di Orio Vergani e Dino Falconi. Per la serata della prima al Teatro Etoile, il Presidente De Gaulle invia quindici corazzieri a cavallo; ad applaudirlo accorrono, fra gli altri, Jean Renoir, Fernandel, Josephin Baker, Alec Guinnes, Juliette Greco.
Nel periodo del suo maggior successo, si avvera ciò che gli aveva preannunciato Padre Pio: ottiene l’annullamento dalla Sacra Rota del suo matrimonio con Maria Giuliano e il 5 gennaio 1952 si sposa con Giulia Dardanelli, madre dei suoi due figli. A celebrare le nozze, a Parigi, il Console dell’Ambasciata Italiana.

Sull’onda del grande successo di alcune pellicole – La famiglia Passaguai fa fortuna del 1952, diretto da A. Fabrizi; Agenzia Matrimoniale del 1953, diretto da G. Pastina – fonda la sua società di produzione: Macario Film. La società ha durata molto breve e crolla alla sua prima produzione: Io, Amleto di G. Simonelli.
Con Made in Italy di Giovannini e Garinei, la mitica coppia Macario e Osiris, nel 1953 è campione d’incasso della stagione: media giornaliera un milione.
Al Teatro Carignano va in scena la commedia Il coniglio di Novelli. Sono autori delle sue commedie musicali: Mario Amendola, Ruggero Maccari, Gianni Grimaldi e Bruno Corbucci.

Il film Carosello del varietà, diretto da A. Bonaldi e A. Quinti, del 1955 – che vede in scena, oltre a Macario, Josephine Baker e Mistinguett (Jeannne Florentine Bourgeois), Ettore Petrolini e Renato Rascel, Anna Magnani e Clelia Matania, Totò e Wanda Osiris – è un prezioso documento di un’epoca e un’arte.

Nel 1957 gira il film drammatico Italia Piccola diretto da Mario Soldati con Nino Taranto e Enzo Tortora: è la conferma che dietro la maschera di Macario c’è un attore completo e pronto ad entrare in qualsivoglia parte o ruolo.
Nel 1959, per la prima volta, fa coppia con Totò nel film La cambiale di Camillo Mastrocinque. Seguono una serie di film con i suoi amici: Totò, Aldo Fabrizi, Peppino De Filippo e Nino Taranto.

Negli anni ’60 si dedica nuovamente alla prosa in lingua con notevole successo; gli è accanto Carlo Campanini. Di questi anni: Questi poveri ricchi (1960) di Giacinto Gallina, Finestre sul Po (1961) di Alfredo Testoni, La Bela Rosin (1961) di Enrico Bassano e Dario Martini per Italia 61.
Nel 1965 la riedizione della rivista Febbre Azzurra ottiene un grande successo. Seguono Le sei mogli di Erminio VIII (1965) di Mario Amendola e Bruno Corbucci e Pop a tempo di Beat (1966) di Raffaele Cile e Dino Mazzucco.

Negli anni ’70 torna definitivamente a Torino dove interpreta la rivisitazione del famoso testo piemontese Le miserie ‘d Monsù Travèt (1970) di Vittorio Bersezio, messo in scena al Teatro Stabile. Forma la sua seconda Compagnia di prosa piemontese che lavora per diversi anni sul territorio nazionale con grande consenso popolare. Attrice comica emergente, la torinese Margherita Fumero. Titoli di alcune commedie: Bastian Contrari (1971), regia di Massimo Scaglione; Achille Ciabotto medico condotto (1971); Stazione di servizio (1972); Carlin Cerutti sarto per tutti (1974), regia di Erminio Macario.
Spettacolo campione d’incasso della stagione, nel 1975, la commedia musicale Due sul pianerottolo di B. Corbucci e C. Amendola.

Con gli show televisivi del sabato sera su RaiUnoMacario Uno e Due e Macario Più – diretti da Vito Molinari, all’età di 76 anni ottiene ventidue milioni di audience e un gradimento fra l’80 e 90 per cento.

Il sogno che Macario ha da sempre più a cuore è di costruire un Teatro a Torino, dove accogliere i suoi fan più affezionati; lo pensa come un teatro intimo, raccolto, familiare, con un palcoscenico posizionato quasi a contatto con la platea, per esaltare la vicinanza anche fisica. Lo realizza restaurando il Teatro di via Santa Teresa 10. La Bomboniera – questo il suo nome – viene inaugurato nel 1977 con una commedia ispirata a Molière, intitolata Sganarello medicosifaperdire, scritta da suo figlio Mauro Macario e Carlo Maria Pensa.

Durante le riprese di Oplà, giochiamo insieme accusa un malessere preoccupante; le repliche vengono sospese.
Il 26 marzo 1980, dopo una breve malattia, Macario muore all’età di 78 anni in una clinica cittadina.

Dopo la sua scomparsa il Teatro La Bomboniera viene un po’ alla volta abbandonato; oggi s’intravede solo l’atrio, dietro a due vetrine e viene saltuariamente utilizzato per esporre quadri d’arte estratta. Insieme a Macario, muore così, anche il suo grande sogno.

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