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La Fetta di Polenta

Maria Alberti

La polenta, si sa, è un piatto tipico piemontese ma, in questo caso, non parliamo di cucina bensì di architettura.

Siamo nei primi anni Trenta dell’800 e Alessandro Antonelli, curioso architetto piemontese, professore di architettura ornato all’Accademia Albertina, progetta la costruzione di un edificio sul proprio terreno situato proprio all’angolo degli attuali corso San Maurizio e via Giulia di Barolo, in zona Vanchiglia di Torino. Per Antonelli è una scommessa più che non una vera esigenza di costruzione: con questo progetto vuole, infatti, testare le sue qualità professionali.

Nel 1840 vengono ultimati i primi 3 piani del palazzo, mentre i successivi saranno ultimati solo nel 1881: 9 piani totali, di cui 2 sotterranei, collegati da una stretta scala a forbice in pietra. Guardando le dimensioni dei lati del palazzo, che ha forma trapezoidale-triangolare molto stretta (16m x 5m x 54cm), si può meglio comprendere l’eccezionalità dell’opera. Nel lato di 54 cm, per ottimizzare al massimo lo spazio, Antonelli decise di porvi la canna fumaria. L’altezza complessiva dello stabile è di 24 metri. 

Il nome comunemente attribuitogli dai torinesi, Fetta di Polenta, è dato dalla curiosa forma dell’edificio, somigliante a una vera e propria fetta, e dal suo caratteristico colore giallo. In realtà il palazzo prende il nome dalla moglie di Antonelli, Francesca Scaccabarozzi, insieme alla quale l’architetto si trasferì per alcuni anni nell’edificio dal momento che nessuno voleva abitarci temendo un crollo di una costruzione così anomala per l’epoca.

Palazzo Scaccabarozzi rimane sicuramente uno degli edifici più curiosi della città che merita di essere visto almeno una volta.

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