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Pasqua e Pasquetta

di Arnaldo De Paolis

E po’ vè la Pasqua Santa,
una festa che se svorge
che se piagne e po’ se canta,
Cristu mòre e po’ risorge.

E poi viene la Pasqua Santa,
una festa che si svolge
che si piange e poi si canta,
Cristo muore e poi risorge.

Se rescioglju le campane
e se sònanu a distesa,
ji fedeli già a fiumane
se retròanu entr’alla chjesa.

Si sciolgono le campane
e si suonano a distesa,
i fedeli molto numerosi
si ritrovano dentro la chiesa.

Pe’ du’ jiorni s’è sonatu
‘n pezz’e legnu co’ le tacche
che da nu era chjamatu…
racanèlla o trìcche tràcche.

Per due giorni sono stati suonati
dei pezzi di legno con le tacche
che da noi erano chiamate…
raganelle o tricche tracche.

Neglj furni ‘e fitanzate
quante pizze hau sbattute!…
e quante n’hau scartate
pecché male recresciute!

Nei forni le fidanzate
quante pizze hanno sbattuto!…
e quante ne hanno scartate
non bene ricresciute!

Ji figljttii de soqquattu,
quanno esse ciaccottéanu
affonnéanu nu piattu
e le éta se lecchéanu.

I bambini di nascosto,
mentre le ragazze parlottavano
affondavano le mani nei piatti
e le dita si leccavano.

Co’ la chiara già montata
se fecéa la copertura,
confettucci e cioccolata
pe’ fa’ bella ‘a finitura.

Con la chiara d’uovo già montata
si faceva la copertura,
poi confettini e cioccolata
per fare una bella rifinitura.

Pure l’òa se consuméanu
e pe’ santa devozione
coglju crocchju s’allesseanu
pe’ portalle a collazione;

Pure le uova si consumavano
e per santa devozione
con il guscio si bollivano 
per portarle a colazione;

pe’ arricchì la magnatella
se mettéa che caoció’:
pepe, caҫiu o ricottella
e salame a chjù che pó.

per arricchire la mangiata
si metteva qualche fiadone:
pepe, formaggio o ricotta
e salame a più non posso.

Luneddì era Pasquetta,
se cerchéa la compagnia,
della pizza che ara fetta
e po’ n piazza a fa’ allegria.

Lunedì era Pasquetta,
si cercava la compagnia,
qualche fetta della pizza di Pasqua
e poi in piazza per fare allegria.

Coll’òa allesse avanzate
se fecéa a rutolelle,
tutte eranu pittate
pecché fussiru chjù belle;

Con le uova sode avanzate
si giocava a farle rotolare
erano tutte pitturate
perché apparissero più belle;

e pe’ falle colorate
le mettéanu ‘nsieme a bolle
colle viole già sbocciate
o le crocchje ‘elle cipolle.

e per farle colorate
le facevano bollire insieme
alle viole già sbocciate
o alle bucce delle cipolle.

Se jiochéa a nu crinale
e glju cocco che partéa,
missu ‘n cima a ‘nu canale,
se vencéa quiju tocchéa.

Si giocava su un crinale
e l’uovo che partiva,
collocato in alto in un canale,
conquistava quello che toccava.

Sarrìa questa a povertà
deglj tempi chjù lontani!
Ma qué lo icémo a fa’!…
Tantu nu semo marziani!

Sarebbe questa la povertà
dei tempi più lontani!
Ma a che serve dirlo!…
Tanto noi siamo marziani!

Arnaldo De Paolis è laureato in Lettere Moderne e ha insegnato negli Istituti Superiori. Attualmente in pensione, si occupa di ricerca e scrittura. I suoi scritti (poesie, romanzi, racconti, brani dialettali) sono molto apprezzati. Con questa lirica dialettale, Arnaldo ha riportato alla luce alcune belle tradizioni del territorio di Tornimparte (suo paese d’origine). Ci parla delle campane legate durante la settimana santa. In quei giorni si udiva solo il suono legnoso delle troccanelle. Ci racconta la tradizione delle pizze pasquali cotte nei forni del paese e delle uova sode che venivano abbellite e colorate. Con queste uova si facevano delle gare facendole rotolare lungo un percorso. Nei versi di Arnaldo ci sono tanti bei ricordi da trasmettere alle nuove generazioni. A quei tempi c’era sicuramente povertà, ma era una povertà dignitosa. Bastava davvero poco per essere felici…

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